Attraverso i secoli questo Santuario Antoniano di Aversa s’è arricchito di numerose opere d’arte. Affreschi, tavole, tele, marmo, sculture impreziosiscono questo tempio conferendogli un aspetto basilicale.

Il trono di questa aula regia è il bellissimo Altare Maggiore, fulcro dell’architettura sacra barocca, cerniera tra la navata dei fedeli e il coro dei frati. Si tratta di una monumentale opera barocca, altare maestoso e squisito per la ricchezza dei marmi, decorato con volute, cartocci e cherubini-capoaltari.

Il paliotto, pregiata lastra marmorea, è formato da un pannello scenografico con un grande motivo floreale e vegetale; due cherubini su pilastri reggono la pesante mensa.

Il tabernacolo, incastonato al centro dell’altare, è sormontato da un cherubino estasiato sulla custodia. Il dossale è diviso in due parti su due 

piani, con motivi floreali ripresi dal tema del paliotto. 



Ai lati fanno mostra due lastre scolpite sempre in marmo, di ottima fattura: si tratta dello stemma francescano sormontato da una corona: il braccio del Poverello d’Assisi è intrecciato in quello di Cristo nel nodo della Croce.




Al terzo altare, sulla parete sinistra della navata, è collocata una tavola cinquecentesca di S.Antonio e devoti, molto rovinata nel passato ed attualmente poco leggibile, nonostante gli ultimi restauri.

  


Sul secondo altare fa bella mostra la tavola cinquecentesca della Traslazione della S.Casa di Loreto, attribuita al pittore napoletano Giovanni Bussi. L’opera, dalla complessa composizione pittorica, è di chiara impronta manieristica, probabilmente risale al 1383, anno dell’approvazione di papa Gregorio XIII della Confraternita laicale S.Maria di Loreto eretta nella chiesa di S.Antonio. La Beata Vergine appare seduta su una chiesa con campanile, ai lati i diaconi S.Lorenzo e S.Stefano, ai piedi un vescovo in abiti pontificali, forse si tratta del vescovo Giorgio Manzolo (Aversa 1382-1391), alti prelati, popolo e committenti; sul piviale del vescovo sono effigiati i santi patroni di Aversa, tra cui S.Francesco e S.Antonio.

Questa opera «ben si va a collocare tra la fine del Cinquecento e gli inizi del Seicento, testimonianza di una cultura tardo-manierista, aggiornata sui preziosismi della pittura fiamminga dell’ambito di Pompeo Landolfo».

  

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